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Lavoratori pista di Nardò di nuovo sul piede di guerra

Sono tornati a protestare di fronte alla Prefettura di Lecce, i 70 operai specializzati delle cooperative esterne, ormai disoccupati dopo la crisi. "Vogliamo l'assunzione diretta da parte della Ntc"

LECCE - Non si vedevano da un po', ma ora sono tornati a protestare i 70 lavoratori delle cooperative "Italian Job" e "All Service" rimasti a casa, dopo che la "Nardò Tecnichal Center", la società di servizi che gestisce la pista salentina di Nardò, ha dichiarato nel 2009 lo stato di crisi. Da quel momento in poi, per gli operai specializzati nel collaudare le autovetture, non c'è stata tregua nè una soluzione definitiva che sia pervenuta dalle istituzioni, Provincia di Lecce e Regione in primis.

Per ricostruire il lungo percorso della loro vertenza sindacale bisogna risalire alle origini: due anni addietro, la Ntc che aveva affidato l'appalto dei lavori alle cooperative, pur essendo un colosso in grado di fatturare 20 milioni di euro l'anno, ha messo i propri dipendenti in cassa integrazione, rompendo unilateralmente gli accordi con le ditte esterne. Così, se gli operai di "All Service" continuano, tutt'oggi, ad usufruire degli ammortizzatori sociali, meno fortunati sono stati i lavoratori di "Italian Job", ufficialmente disoccupati.

"Parliamo di 70 persone che rappresentavano il core business della produzione - spiega Salvatore Stasi dei Cobas - per cui è curioso che siano stati lasciati a casa proprio loro". Senza contare che la tipologia di contratto sul modello metalmeccanico di cui usufruivano, pur essendo a tempo indeterminato, per anni ha costretto gli operai a un lavoro sottopagato (appena 4 euro l'ora) ed estremamente ricattabile.

"Non avevamo nessun preavviso sui turni di lavoro, che comprendevano i festivi e le notti - lamentano gli stessi operai - ci chiamavano a sorpresa, a casa, in qualunque momento". Una situazione al limite dello sfruttamento del lavoro, per la quale sono scattate anche le denunce penali tese a scoperchiare "il vaso di Pandora" delle discriminazioni che i dipendenti avrebbero subito.
Come se non bastasse, a complicare le cose, è sopraggiunto quell'accordo interaziendale, firmato dalla Ntc e dai sindacati interni, definito senza mezzi termini "una vergogna" perchè, come precisa Stasi, "ha permesso alla società di rivolgersi alle agenzie interinali per coprire i picchi di produzione, senza utilizzare il personale delle cooperative".

Per i lavoratori non ci sono scuse che tengano, quindi: la strategia dell'azienda sarebbe tutta rivolta al tenerli fuori dai giochi. Ma c'è di più. La Ntc, in base ad un accordo di programma con la Regione Puglia, ha usufruito di ben 9 milioni di euro di soldi pubblici, in vista di un suo sviluppo industriale che comprendesse l'assunzione di altre 23 unità. "L'ultima tranche di questo incredibile finanziamento, è stata versata nel 2009, quando l'azienda cioè aveva già dichiarato lo stato di crisi - continua il sindacalista - e delle assunzioni non se n'è saputo più nulla".

Stando a quanto dicono gli operai, l'attività sulla pista di Nardò continua a ritmo serrato. E senza di loro. Ora promettono una lotta durissima: "non molleremo fino a quando non passeremo alle dirette dipendenze della Ntc, con assunzioni a partire da quei 23 posti vacanti".

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